Sono state scoperte sul monte Cagno, in provincia de L’Aquila, le orme di dinosauri risalenti tra 125 e 113 milioni di anni fa. Protagonisti dell’interessante scoperta sono i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) che le hanno studiate assieme a un team di icnologi dell’Università Sapienza di Roma. I risultati di questo ritrovamento sono stati pubblicati sulla rivista Cretaceous Research (Elsevier).
“Le tracce -, afferma Fabio Speranza ricercatore INGV, – sono osservabili su una superficie calcarea, quasi verticale, situata a oltre 1900 m di quota sul Monte Cagno. La superficie a orme è raggiungibile (solo in assenza di neve, quindi essenzialmente nei mesi estivi e autunnali) dopo una escursione di circa due ore, partendo dal paese di Rocca di Cambio in Provincia de L’Aquila. Tra queste è stata rinvenuta anche una traccia di ben 135 cm di lunghezza che costituisce la testimonianza del più grande dinosauro bipede che sia mai stato documentato in Italia fino a oggi”. La maggior parte di queste impronte fu impressa da uno o più teropodi (dinosauri bipedi prevalentemente carnivori) che, camminando, affondavano nel fango, molto probabilmente per la debole consistenza del substrato. Altre orme, invece, conservate al centro della superficie calcarea, sono state lasciate da un teropode accucciato.
Le impronte erano state scoperte nell’estate del 2006 ma solo nel 2015 “grazie agli sviluppi tecnologici e alla collaborazione con esperti di impronte dell’Università La Sapienza, è stato possibile dare un nuovo impulso alle ricerche. Un drone, in grado di trasportare una macchina fotografica digitale e l’uso dell’innovativa tecnica della fotogrammetria digitale, hanno consentito di ricostruire un modello tridimensionale accurato a partire da semplici immagini fotografiche”. Grazie all’impiego di innovativi strumenti tecnologici e prelevando campioni delle impronte è stato possibile stabilirne la datazione.
Questo ha permesso anche di rivedere alcuni studi del passato. “Contrariamente a quanto ritenuto in passato – spiega Paolo Citton dell’Università Sapienza di Roma -,le orme testimoniano scenari di ripetute migrazioni di dinosauri dal continente Gondwana (che riuniva Africa, Sud America, Antartide, India e Australia) alle piattaforme carbonatiche dell’area mediterranea (un ambiente simile alle Bahamas di oggi). Come già discusso da tempo dagli icnologi de La Sapienza’ questi passaggi erano resi possibili da variazioni del livello marino, processi a scala globale che hanno luogo in tempi molto lunghi sul nostro Pianeta”.
Lo studio sulle impronte ritrovate in Abruzzo potrebbe “rivelarsi particolarmente prezioso per le informazioni aggiuntive sulla composizione conosciuta della fauna dinosauriana italiana, con ricadute importanti anche sull’ecologia e sulle rotte seguite da questi animali estinti”.