Lo avevano obbligato a simulare l’assunzione di tutte le persone che gli estorcevano denaro. A questa conclusione sono arrivate le indagini condotte dalla Procura di Teramo, che ha condotto un’articolata inchiesta, arrivando a ipotizzare i reati di usura, estorsione, truffa aggravata e intestazione fittizia di un immobile. La vittima è un imprenditore edile di Tossicia, costretto a versare interessi del 500% per un prestito del 2017.
Dalle prime luci dell’alba, carabinieri e finanzieri hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale su richiesta dei pm che hanno coordinato l’inchiesta, il procuratore capo Antonio Guerriero e il sostituto Enrica Medori.
Secondo gli inquirenti, l’impenditore vittima dell’estorsione avrebbe ricevuto minacce, alcune delle quali destinate anche ai familiari, da parte di creditori che gli avrebbero anche imposto di essere assunti, in maniera fittizia, nelle aziende sue e della famiglia, in modo da far sembrare lecite le somme che ha consegnato loro.
Le misure restrittive sono state eseguite dai carabinieri del Nucleo operativo, agli ordini del tenente colonnello Riziero Asci, e dai finanzieri della Compagnia di Teramo, diretti dal tenente Salvatore Mercone.
Cinque gli arrestati, tutti di etnia rom: due fratelli, la compagna di uno di loro e una coppia, residenti a Castelnuovo Vomano, MOrro d’Oro e Giulianova.
L’imprenditore sarebbe stato anche costretto a ricomprare a un’asta giudiziaria una villetta a due piani, poi intestata fittiziamente alla figlia, che era finita nella disponibilità di due degli arrestati.