Una infinita nube di fumo, l’odore acre di polvere, il buio delle case e delle strade, la paura e una stridente e brillante luna in cielo. Sono questi i ricordi più immediati di Alessandra, 34 anni, (il cognome preferisce non dircelo, ndr), 10 anni fa studentessa lancianese di Lingue e Letterature straniere all’Università dell’Aquila, nel capoluogo abruzzese la notte del 6 aprile 2009.
“Io e le mie coinquiline, Lucia ed Emilia, eravamo preparate ‘logisticamente’ ad una possibile forte scossa, – racconta Alessandra a Zonalocale – infatti già da qualche tempo dormivamo vestite e con le scarpe ai piedi del letto, già pronte ad essere indossate. Io, data la mia mania dell’organizzazione, avevo anche uno zainetto ed un trolley da portare con me – continua – ma non mi ero proprio resa conto che in caso di emergenza avrei pensato a tutto tranne che alla borsa”.
Dopo diversi giorni a Lanciano, Alessandra aveva deciso di tornare a L’Aquila perché aveva una lezione importante all’università e, nonostante la paura, “non potevo smettere di vivere”. “La verità è che non abbiamo capito nulla di quello che stava accadendo quella notte. – ci racconta Alessandra, con un evidente groppo in gola – Emilia dormiva in camera con me perché eravamo più vicine all’ingresso e, insieme, avevamo meno paura”. Poi la scossa più lieve dell’una e poi quella delle 3.32. E allora subito fuori dal letto, giacca, scarpe e di corsa per le scale del palazzo. “Nonostante il caos, siamo arrivate in qualche modo alla porta di casa e per fortuna il nostro palazzo, appena fuori dal centro storico, non aveva subìto grandi danni. – ci dice Alessandra – Ci siamo fiondate giù per le scale e non dimenticherò mai quello che ho visto una volta fuori. Da lontano, sul centro storico c’era una intensa nube di fumo arancione, – ricorda – sembrava quasi un incendio, ma era la polvere che si era alzata a causa delle case crollate”.
Uno scenario da film apocalittico in cui però i protagonisti erano famiglie e studenti, costretti a fare i conti con una realtà troppo più grande di loro.
“I miei genitori, da Lanciano, si sono svegliati con la scossa e mi hanno chiamato immediatamente e mio padre si è subito messo in moto per venire a prendermi, poi il mio telefono è praticamente diventato irraggiungibile. Dopo [mar_dx] della scossa, – racconta Lucia – abbiamo passato la notte in auto nel parcheggio dell’ospedale, dove lavorava il fidanzato di Lucia, in attesa che facesse giorno e dell’arrivo dei nostri genitori”.
Alessandra è poi tornata a prendere le sue cose a casa solo due mesi dopo, a giugno, con l’aiuto dei Vigili del Fuoco che ha definito “meravigliosi”. Nonostante oggi lavori lontana dall’Abruzzo, a L’Aquila ci torna spesso, insieme al fidanzato originario del capoluogo abruzzese e se all’inizio è stato difficile e anche un po’ “pauroso”, oggi è quasi una seconda casa.
“In quell’occasione credo di aver usato tutta la mia lucidità in caso di pericolo e se ci ripenso, non so davvero come ho fatto. – conclude Alessandra – Poi, l’unica volta che mi è ricapitato di avvertire il terremoto da sveglia, sono rimasta paralizzata, così come ogni volta che ripenso a quella notte”.