L’Abruzzo è la regione maggiormente colpita dall’epatite E e il 7,8% dei cinghiali dell’area chietina è infetto. È il risultato dello studio condotto dal servizio veterinario di Sanità animale della Asl Lanciano Vasto Chieti diretto da Giovanni Di Paolo illustrato alla 100ª “Conferenza mondiale dei ricercatori delle malattie infettive animali” tenutasi a Chicago.
Il virus dell’Epatite E può passare dai suidi infetti all’uomo attraverso il consumo di carne o fegato senza un adeguato trattamento termico, determinando l’insorgenza della malattia che, seppur asintomatica nella maggior parte dei casi, può a volte manifestarsi con i sintomi classici di un’epatite acuta (febbre alta, dolore addominale, ittero); “In Abruzzo – precisa l’azienda sanitaria – è assai frequente il consumo di carne suina cruda o poco cotta (salsicce di carne e di fegato, anche di cinghiale)”.
Lo studio al quale hanno collaborato anche Angelo Giammarino dello stesso servizio veterinario, Fabrizio De Massis, Giuseppe Aprea, Silvia Scattolini, Daniela D’Angelantonio, Arianna Boni, Francesco Pomilio e Giacomo Migliorati dell’Istituto zooprofilattico di Teramo e il tecnico della prevenzione Chiara Morgani ha riscontrato che nella nostra regione è concentrato il 22% dei casi registrati a livello nazionale: percentuale che ci regala questo primato.
[ant_dx]Le tecniche di isolamento per confermare la presenza del virus si sono concentrate sui campioni di fegato, la cistifillea e le feci di 102 cinghiali provenienti dai comuni dell’Atc chietino-lancianese. “I risultati delle analisi – spiega la Asl – hanno evidenziato la presenza del virus nelle matrici di otto cinghiali, evidenziando una percentuale di infezione del 7,8% (numero di soggetti infetti sul totale dei capi testati)”. L’indagine ha inoltre voluto determinare l’eventuale sieropositività al virus dei cacciatori che hanno avuto contatto con i capi infetti; nessuno di loro è risultato infetto.
“L’epatite E è oggi considerata una zoonosi (malattia trasmessa dall’animale all’uomo) emergente e i casi accertati in Europa e in Italia hanno visto un aumento esponenziale negli ultimi anni. Molta importanza nella trasmissione della malattia è data al cinghiale, che è in grado di ospitare il virus fungendo da fonte di infezione per l’uomo (reservoir)”.
“Anche l’Istituto superiore di sanità (Iss) – conclude la Asl – considera questa malattia molto importante dal punto di vista della salute pubblica. Sono infatti in corso numerosi progetti per determinare la reale incidenza della malattia nella popolazione italiana così come comunicato nei più recenti studi presentati al workshop Epatite E: un problema emergente in sicurezza alimentare, svoltosi a Roma nella primavera scorsa proprio presso la sede dell’Iss, in collaborazione con il ministero della Salute”.