“I vescovi italiani hanno deciso di modificare il Padre Nostro per volontà di fedeltà alle intenzioni espresse dalla preghiera di Gesù e all’originale greco che utilizza un verbo che significa letteralmente portarci, condurci. La traduzione latina inducere poteva richiamare questo significato, ma in italiano indurre vuol dire spingere a, in sostanza, far sì che ciò avvenga. E risulta strano che si possa dire a Dio non spingerci a cadere in tentazione. Insomma, la traduzione con non indurci in non risultava fedele”. Con queste parole, nel corso di un’intervista rilasciata a Vatican News, Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, spiega le motivazioni alla base della modifica del testo.
Come afferma Monsignor Forte “quello di una traduzione migliore è un interrogativo che si sono posti gli episcopati di tutto il mondo poichè l’idea da esprimere è quella che il nostro Dio faccia sì che non cadiamo in tentazione. La scelta è ricaduta su non abbandonarci alla tentazione, versione che i Vescovi hanno preferito per senso di corrispondenza tra il testo biblico ufficiale e la liturgia”. L’arcivescovo sottolinea poi che “l’espressione tentazione è corretta e dobbiamo spiegarla e non fare intendere che Dio possa abbandonarci alla tentazione, ma che ci sia vicino e ci soccorra. Dio ci ama, non ci tende trappole per cadere nel peccato”.
“La modifica è molto limitata e non dovrebbe creare grossi problemi ai fedeli”, spiega Monsignor Forte, “è necessario far capire alle persone che non è un cambiamento fine a se stesso, ma che è stato fatto per pregare in maniera più consapevole e più vicina alle intenzioni di Gesù”.
Il Messale con la nuova versione del Padre Nostro uscirà qualche giorno dopo Pasqua e l’uso liturgico sarà introdotto dal 29 novembre.